CAMILLO CAVOUR
SCRITTI E DISCORSI
POLITICI
a cura di
Pierluigi Barrotta
Marco Bertoncini
e Aldo G. Ricci
Una raccolta degli scritti del Conte: analisi disincantate
e pragmatiche sulla rivoluzione e la diplomazia
LIBRO APERTO
EDITORE
novembre 2010
Copertina morbida, pagine158, formato cm. 15X21
Stato di conservazione: NUOVO
Il volume raccoglie una serie di articoli di Cavour apparsi sul Risorgimento nel fatale 1848, e alcuni suoi interventi parlamentari del 1860 sulla questione romana. L'insieme degli scritti del '48 sono emblematici d'una formazione intellettuale che ricorreva allo studio della storia come supporto essenziale di analisi e guida politica. Così già nel primo articolo riportato in questa antologia, relativo alla freddezza francese del Guizot nei confronti del moto italiano, Cavour poteva ricordare l'innaturalità storica di una posizione francese corriva alle esigenze diplomatiche austriache; «vie fallaci dell'alleanza austriaca"» che, ricorda Cavour, causarono già a Luigi XV la perdita delle colonie; aggiungendo, a solleticare l'orgoglio nazionale, la più recente «traditrice alleanza austriaca» che aveva causato la rovina dell'impero napoleonico. Temi storici che ricorrono e che non risparmiano moniti all'amata Inghilterra, chiamata a ragionare sull'alleanza con l'Austria, ma con un Austria che avrebbe dovuto esser liberale e costituzionale per garantire all'Inghilterra i vantaggi d'una stabilità continentale. L'amore per l'Inghilterra è comunque privo di remore (direi eccessivamente privo di remore) come appare nelle pagine dedicate da Cavour alla drammatica questione irlandese, in cui non lesina riguardi e pagine benevole alla politica economica britannica, dimenticando il malcelato compiacimento con cui si guardava alla diffusione della peronospora che andava provocando la fame fino al genocidio, e la ribellione e l'esilio negli Stati Uniti dei cattolici irlandesi (sempre refrattari al duro dominio inglese).
Camillo Benso Conte di Cavour (Torino, 1810 - Torino, 1861).
Il nobile Camillo, l'artefice diplomatico dell'Unità Italiana, dopo un avvio giovanile come studente all'Accademia militare, decise che la vita del soldato, seppur di rango, non faceva per lui. Si dedicò quindi agli affari di famiglia, gestendo alcune tenute che il padre gli aveva affidate. Amava tuttavia la vita vivace e sapeva approfittare dei piaceri che la vita gli offriva, in amore, a tavola, nei viaggi per l'Europa, specialmente a Londra e a Parigi.
Aveva un'intelligenza arguta per tutto ciò che riteneva innovativo, specialmente per la recente ventata di modernità data dalla evoluzione industriale di paesi come l'Inghilterra. Guardando l'Italia, paese frammentario ed arretrato, la cui economia si basava essenzialmente sull'agricoltura, si convinse che la dote principale di un paese moderno risiedeva in un'unità d'intenti, ma ancor più in un'unità territoriale che permettesse una gestione economica, tecnologica e politica uniforme.
Entrò in politica a quarant'anni e non si risparmiò, prima dedicando le sue cure al Piemonte, poi cercando alleanze, tramando, creando giochi di potere... e giunse a vedere il frutto di tanto lavoro: un Paese finalmente unito politicamente (anche se restava aperta la questione romana) e territorialmente. Come amante della buona cucina si procurò diversi problemi di salute, ma più ancora col duro e stressante ritmo di lavoro; morì ancor giovane, a 51 anni, di strane febbri con le quali conviveva da tempo.
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