Tipologia : Ville singole o a schiera
Numero Locali : > 4
Superficie (mq) : 189
Ottima posizione porzione di bifamiliare con terreno privato di 2000 mq., ampio laboratorio con altezza di 3,50 mt. al piano seminterrato "possibilità di recupero a fini abitativi", inoltre quattro locali più servizi al piano rialzato, due box esterni, piccola depandance. Ottimo affare I Conti di Pombia, i Conti di San Giorgio e i conti Della Porta I ruderi dell'antico castello Nelle vicinanze sorge l'abitato di San Giorgio, sede di un'arimannia fin dall'epoca longobarda, mentre la stirpe feudataria della contea era franca. Restano pochi residui delle tombe arimanniche e dell'antica chiesa di San Giorgio, risalente al IX secolo, un tempo circondata da un fortilizio che serviva ai Conti per il controllo delle aurifodine sul Ticino e per riscuotere i diritti di passaggio sul fiume; dall'abitato si osserva anche il rudere del castello di Pombia che fino al XII secolo ospitò i conti di Pombia, feudatari, discendenti di Arduino re d'Italia. Nel 1028 il titolo di conte di Pombia passò a Guido I, che darà inizio alla stirpe dei conti di Biandrate con Guido II, il quale nel 1070 acquistò castelli a Biandrate ed in Valsesia. Questo ramo principale della famiglia, in seguito alla donatio Riprandi, fondò l'Abbazia dei Santi Nazario e Celso di San Nazzaro Sesia, tuttora esistente. Nell'abitato di San Giorgio, presso il castello di Pombia, rimase un ramo cadetto, il cui stipite fu Albrecht di Pombia; questo ramo era di stirpe franca ma con profondi legami anche familiari con i longobardi della fara di San Giorgio. Da questo ramo cadetto dei conti di Pombia discesero gli Alberti, poi conti Della Porta estintisi alla metà del Novecento dopo aver preso la contea di Suno e, con diretta discendenza da Ferrabue conte di Pombia, discendono i Bertinotti di San Giorgio, di nobiltà imperiale asburgica ed ungherese (discendenti per linea femminile dei principi conti di Celje), tuttora fiorenti ed attualmente decorati del titolo di conti di Pombia e Varallo, conti palatini e nobili del Sacro Romano Impero (ex regia patente di Vittorio Amedeo III del 1792) e di quello di Vitéz di Ungheria per decreto del palatino di Ungheria Josef Arpad d'Asburgo: levano per armi uno scudo d'oro a tre pali di rosso, il tutto accollato all'aquila bicipite, alias alla basilica e alle chiavi decusse (per breve pontificio del 1511 che li elevò alla contea palatina lateranense); corona di conte.
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